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Abbazia di San Clemente a Casauria - Castiglione a Casauria - PE
Secondo il Chronicom Casaurensis, manoscritto compilato intorno alla seconda metà del XII secolol’Abbazia benedettina di S. Clemente, inizialmente Dedicato alla SS. Trinità, venne fondata nell’871, come ex voto dall’imperatore Ludovico II, scampato miracolosamente alla prigionia per intercessione di Papa Adriano II. Sorse  lungo l'antico percorso della Via Claudia-Valeria, sito scelto a ridosso del fiume Pescara, lungo le sponde del fiume Pescara che sin dall'801 aveva diviso naturalmente i confini dei ducati longobard di Spoleto a nord e quello di Benevento a sud, in posiszione strategica in quanto uno dei percorsi dei tratturi che da l'Aquila portavano a Foggia ( ed è conosciuta l'importanza che la pastoriziaha avuto nell'econoia abruzzese, costituiva un passaggio obbligato per coloro che, diretti nelle costiere dell'Adriatico, avevano rapporti di commercio con l'oriente di commercio con l’Oriente e per i viandanti diretti al Santo Sepolcro di Gerusalemme o alla grotta dell’arcangelo Michele sul Gargano: il culto delle reliquie, ragione e meta dei pellegrinaggi, rappresentava infatti una delle caratteristiche della religione cattolica del medioevo. l'Abbazia, nella sua massima espansione arrivava a comprendere quasi tuta la regione e estendeva le sue proprietà fino  al mare Adriatico, al massiccio della Majella e ai fiumi Pescara e Trigno

L’interno della chiesa si presenta con tre navate longitudinali, divise in sette campate ogivali ed il transetto adornato di una sola abside semicircolare. La copertura, a capriata con mattoni dipinti a losanghe, originariamente doveva presentarsi nel transetto con volta a crociera sostenuta da pilastri polistili mentre era probabilmente a tetto nelle navate come consueto d’altronde negli edifici sacri del XII secolo. Il Chronicon non fa menzione alcuna dei lavori condotti dentro la chiesa. La morte di Leonate fu causa dell’interruzione dei lavori (e, forse, della differente altezza della navata centrale); successivamente i monaci, per utilizzare al più presto la chiesa, completarono l’edificio nella parte mediana con semplice muratura. i.La chiesa subì poi, in seguito ai terremoti, alcune trasformazioni: i pilastri – accorgimento antisismico anziché meditata scelta architettonica – andarono probabilmente a sostituire o inglobare le colonne durante i lavori di restauro fatti effettuare dopo il 1456 da Jacopo di Sangro, che dovette firmarli nel terzo pilastro sulla destra con lo stemma di famiglia. Altri lavori di ripristino terminarono nella seconda parte della chiesa nel 1609.Ai restauri del Gavini si devono invece le arcatelle sulle navate laterali in corrispondenza dell’arcone centrale, le travi in cemento armato nella parte presbiterale (costruite quando si demolirono le due sacrestie create lateralmente nella zona del transetto), la rimozione della muratura che dall’oratorio impediva di vedere le navate.







































La cripta (ambiente destinato a tomba dei santi e alla custodia di sacre reliquie) è scandita da nove navatelle longitudinali per due trasversali con le campate che hanno volta a crociera. Per la sua costruzione è stato utilizzato materiale di spoglio proveniente da edifici romani. L’abbazia sorgeva infatti vicino al pago di Interpromio distrutto da un terremoto el’urgenza di coprire la cripta, per mettervi subito in salvo le spoglie dei martiri, contribuiva al reimpiego di materiale preesistente. Fra quello qui riutilizzato distinguiamo i quattro capitelli corinzi della parte absidale e la colonna miliare in cui si vede l’iscrizione che ricorda Valentiniano, Valente e Graziano che fecero continuare i lavori di restauro della via Claudia, iniziati negli anni 360 – 63 dall’imperatore Giuliano (è quella che mostra, per lo scavo fatto intorno, come il pavimento sia stato elevato di una ventina di centimetri rispetto all’originario). E' una cripta presbiteriale rialzata (come quella di S. Vincenzo a Milano e S. Marco a Venezia), per andare a presbiterio della chiesa bisogna infatti salire quattro gradini. Vi si accededa due scale poste alle estremità delle navate laterali . Dei tre altari che c’erano quando fu costruita, ne rimane uno solo al centro. Nella parte sinistra, dove corre uno stretto bancale, una parte di intonaco è dipinta ad ornati lineari in rosso e verde.
La presenza di due recinti absidali, separati da un’intercapedine, ha diviso gli studiosi che, attribuendo la priorità di esecuzione all’uno o all’altro settore, li hanno diversamente datati.

Tra quelli che sostengono che il recinto più antico sia quello interno vanno menzionati Gavini (datando la cripta al IX secolo pensa che gli ingrandimenti siano avvenuti sotto Leonate), Cecchelli – Trinci (il recinto più interno costituito da pietrame legato a malta come nelle altre parti della confessione, diversamente da quello esterno che è invece a blocchi presso a poco rettangolari come tutta la costruzione della chiesa sovrastante; la relativa altezza; la sproporzione tra larghezza e lunghezza; il tipo di volta poco pronunciato; il materiale informe non scelto e ben disposto come nella parte superiore sono tutti elementi che denunciano residui di arcaismo facendo quindipropendere per una datazione alla seconda metà del IX secolo) e più recentemente La Foresta (il muro più antico è quello interno; il muro più esterno fatto in periodo successivo a Leonate – per questo il Chronicon non ne parla -, presentava delle decorazioni in quanto era previsto un abbattimento, poi non avvenuto, del circuito interno). Abbracciano invece la tesi della priorità di esecuzione del recinto esterno Biolchi, Parenti che riprende la tesi di Biolchi (ritiene, fra l’altro, che non può essere spiegabile nella parete la presenza di cinque archetti ogivali se non con l’esecuzione anteriore di questa parte; crede inoltre che la cripta fu ristretta per l’umidità eccessiva), Fossi (l’ampio perimetro non rispecchia quello originale; ci fu un rifacimento alla fine dell’ XI secolo, successivamente altre modifiche portarono a un restringimento in epoca non precisabile), Carbonara (la c ripta ridotta da tre a due campate presenta un ambiente così ampio da non trovare riscontro o giustificazione nel carattere e nelle dimensioni delle chiese costruite entro e fuori Abruzzo, anteriori alla metà dell’ XI secolo).

















Le porte di bronzo  furono fatte collocare nel 1191 dall’abate Gioele, successore di Leonate.
Anche questo portale rappresenta un compendio delle proprietà e della storia dell’abbazia. Vi  Sono  72 formelle, in 20 vi sono raffigurati i castelli proprietà dell’abbazia, in altre distinguiamo tra i vari motivi decorativi la croce di Malta
e la mezza luna turca. Interessante è la prima fila di formelle in alto: da sinistra vediamo un rosone, poi un regnante con corona e scettro (Ludovico II) quindi San Clemente in atto di benedire con mitra e pastorale (e non l’abate Gioele come si legge nella fascia superiore. Ma questa formella, come le due successive, non ha la primitiva collocazione), un altro regnante (Guglielmo II), un monaco(Gioele) e un altro rosone.
Due formelle si distinguono dalle altre presentando teste di leone a tutto rilievo aventi nelle fauci anelli tortili. Tra i motivi decorativi si notano delle croci di Malta (tempalri ?), i classici fiori della vita ed altri motivi geometrici e perfino una mezzaluna.


Nel portale centrale, che presenta tre arcate che vanno rastremandosi, la lunetta è divisa in cinque scomparti. I due laterali presentano una grande rosa (in quello di sinistra la rosa è sormontata da un’aquila che stringe una lepre). Nel pannello centrale è invece raffigurato S. Clemente assiso in trono con la mano destra in atto di benedire mentre con l’altra tiene il pastorale. Alla sua sinistra Leonate che consegna il modello della chiesa che va ricostruendo: la chiesa è rappresentata con il rosone e le quattro arcate previste forse dal progetto iniziale invece delle tre poi eseguite e raffigurate nell’architrave sottostante.Alla sua destra Cornelio, martire, con il manipolo e S. Febo con manipolo e stola; l’iscrizione incisa nel libro di Febo Homo quidam nobilis è l’incipit della parabola dei talenti rubati mentre il testo di Cornelio si riallaccia ad una epistola letta durante le festività di S. Clemente. La collocazione di S. Clemente al centro dei pannelli vuole quindi simboleggiare nella storia dell’abbazia la continuità, l’unione fra il momento delle origini e quello presente egregiamente rappresentato da Leonate. Nell’architrave viene illustrata, come in un fumetto, la leggenda della fondazione dell’abbazia: le iscrizioni (qui come nella lunetta eseguite con la tecnica del niello: le incisioni effettuate cioè sono riempite con una pasta di rame, piombo, zolfo, argento e borace rosso che, indurendosi, rende la scrittura nera e indelebile) chiariscono fatti e personaggi. La rappresentazione può essere divisa in quattro parti in ognuna delle quali è presente Ludovico II:

1) In una città simboleggiata da una torre (Roma) papa Adriano II consegna i resti di S. Clemente chiusi in un’urna all’imperatore Ludovico II che li accoglie chino, quasi con deferenza. L’abbazia nasce quindi con il consenso delle due massime autorità del tempo – il papa e l’imperatore – che non hanno però pari dignità: Ludovico II sembra infatti genuflettersi di fronte all’autorità del papa.

2) Suppone, con la spada simbolo dell’autorità politica di cui è investito, guarda Ludovico II che consegna l’urna a due monaci, Celso e Beato, perché la trasportino sul dorso di un mulo nel territorio dell’erigenda abbazia, allora circondata dalle acque. Anche queste non sono figure secondarie: Celso è il praepositus, cioè l’amministratore dei beni dell’abbazia; Beato è il secondo abate; Suppone appartiene alla potente famiglia dei Supponidi e rappresenta in assenza dell’imperatore l’autorità suprema in Casauria.

3) Ludovico II consegna lo scettro di primo abate a Romano.

4) Sisenando, miles ex genere francorum, e Grimbaldo, vescovo di Penne, cedono i diritti che avevano sul territorio di Casauria a Ludovico II mentre il conte Eribaldo (l’ultima figura) assiste alla cerimonia




























A sinistra della porta sottostante si può notare la triplice cinta. Piu in basso una croce di tipo templare. Anche le "croci di Malta" sul portale di bronzo possono far pensare, visto la posizione strategica, che i cavalieri del tempio possano essere stati quì.